L’Italia è blindata a causa dell’emergenza coronavirus e noi italiani cosa facciamo? Cerchiamo qualunque modo per impiegare il nostro tempo in modo costruttivo.
C’è chi sta dando sfogo alle proprie arti culinarie, chi ha anticipato le pulizie di primavera e chi ha riscoperta la passione per la lettura. Si sa che leggere è un po’ come viaggiare e allora oggi vogliamo consigliarvi un libro che vi trasporterà tra luoghi italiani, sconosciuti ai più, che meritano almeno una visita nella vita.
“Per molti l’Italia si esaurisce entro i confini dei consueti percorsi turistici. Non è così....Esistono luoghi e opere d’arte che giganteggiano, isolati e segreti, ai margini di strade meno battute, all’ombra di capolavori semplicemente più noti”, queste le parole della giornalista e storica dell’arte Beba Marsano autrice del libro “Vale un viaggio. Altre 101 meraviglie d’Italia da scoprire”. Un testo che racchiude 101 meraviglie italiane, ordinate per regione, fuori dai tradizionali percorsi proposti a un turismo ormai assuefatto soltanto ai grandi miti italiani.
Si tratta di un’opera fresca, rapida nel suo scorrere, utilissima nella sua finalità. È stato un lavoro impegnativo quello dell’autrice. Ha viaggiato per un anno da Nord a Sud Italia con l’intenzione di riuscire a trasmettere nel libro tutte le emozioni vissute in prima persona e ci è riuscita egregiamente.
Siete curiosi di scoprire alcuni dei luoghi più belli e sconosciuti in Italia? Ecco 5 delle meraviglie italiane descritte nel libro.
I laghi di Sopranes, o Sponser Seen, si trovano nel cuore del Parco Naturale Gruppo di Tessa e sono il più esteso gruppo lacustre d’alta quota dell’Alto Adige. Si trovano sopra Lagundo nel meranese e riforniscono gran parte della città Merano e dintorni con acqua.
Sono 10 e ognuno di questi ha una propria forma, latitudine ed un colore cristallino che brilla alla luce del sole. “Uno qui, uno là costellano terrazze naturali d’alta quota”, scrive Beba Marsano descrivendo questi gioielli montani, “tra i 2.117 metri del Lago della Casera nella piana di Oberkaser ai 2.589 metri del Lago Nero sotto la cima dello Schwarzkopf. In media sono piccoli, alcuni piccolissimi (Lago Mücken, praticamente interrato, con meno di un metro di profondità); il più vasto è il Lago Lungo, onore al nome: quasi un chilometro per 300 metri di larghezza e acque blu cobalto in una sella inghirlandata da enormi massi erratici. Un altro, il Lago Verde, ha acque di smeraldo e due sono gemelli, i Laghi di Latte, il cui colore è dovuto alla torbida acqua di scioglimento dei ghiacciai, incassati in conche pietrose e divisi da uno zoccolo di granito in una grigia quinta di rocce. Raggiungerli non è uno scherzo, per via del dislivello (1.500 metri) e dei continui saliscendi tra uno e l’altro”, spiega l’autrice.
I laghi sono visitabili solo in estate da giugno a settembre ed è consigliabile pernottare in un rifugio per ammirare l’alba e il tramonto sulle Dolomiti all’orizzonte.
Nel Nord della Sardegna, in provincia di Olbia-Tempio, si trova Capo Testa un’isoletta paradisiaca collegata artificialmente alla terraferma. “Il granito dà spettacolo e affolla cale e baie di presenze bizzarre e fantastiche, di incubi e sogni di pietra. Massi ciclopici, monoliti colossali, lastroni imponenti diventano paesaggi irreali, selve pietrificate, figure umane e animali: pupazzi oversize nel parco giochi di un gigante che, invece di peluche, si trastulla con un bestiario di roccia. E cale da cartolina (la valle della Luna, ultimo paradiso hippy) si incuneano tra sipari di roccia. All’alba e al tramonto lunghe ombre danno a questa scheggia di mondo un aspetto misterioso, primordiale". Che ne dite, vale almeno un viaggio?
L’Italia è piena di ville patrizie e castelli, ma non tutti sanno che in provincia di Padova, si trova il Castello del Catajo. “Marco Polo”, racconta Beba Marsano “nel suo impareggiabile 'Milione', parla della favolosa Cina come del Paese del Catai. E dal Catai (ma in questo caso è l’India), arriva Angelica, la bellissima principessa che fa impazzire i paladini di Francia nei poemi cavallereschi del Boiardo (Orlando innamorato) e dell’Ariosto (Orlando furioso). In quel lontano passato, Catai è dunque toponimo di terra favolosa e immaginaria. Di luogo non geografico. Di un Altrove al di fuori di ogni mappa, se non squisitamente mentale. Con le sue 350 stanze, le fastose eccentricità e gli immancabili fantasmi, il Castello del Catajo (1570-73) sembra davvero un maniero uscito da una fiaba”.
Il Lago di Pilato, anticamente chiamato Lacum Sibillae, è l'unico bacino naturale di origine glaciale nelle Marche è situato a 1.941 mt. s.l.m. sotto la cima del Monte Vettore, la vetta più alta di tutti i Monti Sibillini (2.476 mt).
Forse qualcuno di voi lo avrà già sentito nominare o forse sarà già passato da qui per un’escursione, ma sapete che è marchiato da un’antica leggenda?
Beba Marsano ci svela che “Dal XIII secolo lo attesta crocevia di maghi e streghe, spiritisti e satanisti. Tanto che un erudito di rango quale Enea Silvio Piccolomini (Papa Pio II) lo descrive come ‘Parnaso dei negromanti’ e lo storico Leandro Alberti luogo ‘dove soggiornano i diavoli, et danno risposta a chi li interroga’.
Forse per la sua inaccessibilità, forse per la sua impervia, solitaria, sinistra bellezza, il Lago di Pilato, incassato tra formidabili quinte calcaree come il Pizzo del Diavolo, una muraglia di roccia di 300 metri di altezza, fu iscritto nel Medioevo nella lista dei ‘luoghi neri’ d’Europa. Cominciò allora un via vai di personaggi oscuri che, libri di magia occulta sotto il braccio, celebravano riti satanici intorno al ‘lago con gli occhiali’, per la forma dei due piccoli bacini, comunicanti nei periodi di piena. Si parlò di una folla di creature demoniache, anime dannate, forze misteriose e maligne. Le autorità ne proibirono l’accesso pavesando con forche la valle e alzando muri intorno al lago. Un’aura di mistero giganteggia ancora in questo luogo dal magnetismo primordiale.
Il cammino per il Lago di Pilato è uno dei più bei percorsi del pianeta”, spiega l’autrice. “Non la direttissima da Foce, ma dal valico di Forca di Presta, al confine tra Marche e Umbria. Tre ore di tosta salita e una collezione di indimenticabili schegge di natura. A cominciare dai Piani di Castelluccio (Pian Perduto, Pian Piccolo, Pian Grande), ‘il luogo più simile al Tibet che esista in Europa’, disse Fosco Maraini di queste praterie appenniniche, veri pascoli del cielo. Sotto il Pizzo del Diavolo, tra pareti verticali, c’è il Lago di Pilato (1.941 metri), unico bacino naturale delle Marche e tra i pochissimi glaciali di tipo alpino sull’Appennino. Qui fu rinvenuta la Gran Pietra (oggi al Museo della Sibilla a Montemonaco), graffita da misteriose iscrizioni: altare sacrificale o invocazioni demoniache a riprova dell’esercizio di pratiche magiche. Si scende dalla parte opposta, attraverso punti esposti e una ripida colata di ghiaia in faccia a un panorama aereo, davvero mozzafiato, dove le catene montuose di Laga, Gran Sasso e Majella paiono un plastico in scala gigante”
A Roccelletta di Borgia in Calabria, sulla costa Ionica del Golfo di Squillace, si trovano le rovine di Scolacium, detta anche Scylletium, un’antica città costiera dalla storia millenaria.
Secondo Beba Marsano, “Bisognerebbe arrivarci al tramonto, in quell’ora di luce stemperata e radente che accarezza l’anima di ogni romantico. E guadagnare il sentiero che sale al luogo dell’antica necropoli bizantina. Sotto, e intorno, sullo sfondo del Golfo di Squillace, in una distesa di ulivi tra le più vaste del Mediterraneo, tracce di strade lastricate, edifici sepolcrali, mausolei, acquedotti, impianti termali, un anfiteatro.
I resti della Romana Scolacium. Citata con il nome greco di Skilletion da Aristotele e Strabone, evocata come Scylaceum da Virgilio (Eneide, III) e Ovidio (Metamorfosi, XV), celebrata, in una lunga lettera, da Cassiodoro, cui diede i natali, che ne loda la posizione, la mitezza del clima, le schiere di pesci, le copiose vendemmie, la pingue trebbiatura delle aie. Di questa città fortunata restano perfettamente leggibili solo il Teatro, appoggiato, secondo il modulo greco, al declivio naturale di un colle e in grado di ospitare fino a 5.000 spettatori, e la grande area del Foro, cuore della vita pubblica, dove gli scavi hanno rinvenuto una decina di monumentali statue romane. Poco più in là, all’ingresso del parco archeologico, lo scheletro spettrale e magnetico della basilica normanna di Santa Maria della Roccella (stupore dei viaggiatori del Grand Tour), con l’immensa navata a cielo aperto spesso adombrata da voli di corvi”
Avete scoperto o avete nel cuore dei luoghi fuori dal turismo di massa in Italia che meriterebbero almeno una viaggio? Scrivicelo nei commenti, gli dedicheremo presto un articolo nel nostro magazine.
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